Dicembre in Tanzania. Stagione delle piogge. La natura è rigogliosa e il paesaggio è verdeggiante. Io e Nancy abbiamo appena iniziato il viaggio per Haubi, era la mia prima visita al villaggio, e volevo assolutamente conoscere Mzee Matei e Mama Bona.

Appena lasciamo l’asfalto con l’autobus ci imbattiamo subito in strade fangose e pozze piene di acqua piovana, e pieni all’inverosimile, sia di persone che di bagagli - sono sicuro di aver contato circa quindici passeggeri su quel Land Rover - siamo arrivati dopo circa dieci ore di viaggio, a Haubi.

Sfortunatamente, non molto lontano dalla casa dei genitori di Nancy, ci siamo impantanati con l’auto e non c’era modo di muoversi se non fossero arrivate in pochi minuti alcune persone che ci hanno aiutato a far ripartire la jeep.

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Finalmente a casa di Mzee Matei e di Mama Bona, i genitori di Nancy, e oltre a loro c’era tutta la comunità nel cortile fuori casa ad accoglierci. Si percepiva nell’aria un misto di gioia e di serenità coinvolgente. Una sensazione fantastica: canti e balli in onore dei viaggiatori, ma soprattutto una grande festa per l’arrivo del "mujungu". Nancy mi ha presentato a tutti quanti e dopo i saluti di benvenuto, ci siamo messi a ballare al ritmo dei tamburi.

A un certo punto Mzee Matei si è avvicinato a me con in mano una ciotola piena di acqua bianca, che ho scoperto dopo essere farina. Con gli occhi pieni di saggezza ha pronunciato qualche parola in una lingua a me incomprensibile, ma era talmente convincente e pieno di carisma, che mi è sembrato di capire ogni cosa che mi diceva. Poi ha immerso la mano nella ciotola e mi ha segnato le tempie, lasciando i segni dell’acqua farinosa. La stessa cosa ha fatto subito dopo sua moglie, Mama Bona, con un volto sorridente e una felicità coinvolgente.

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Quei semplici gesti avevano un grande significato: erano per darmi il benvenuto nella loro famiglia, era il mio primo battesimo mrangi e mi fu dato il nome "Kijaji" che significa "rugiada", fonte di vita e importante nei periodi di siccità.

Ormai facevo parte della numerosa famiglia di Mzee Matei, e da quel momento in poi, ogni volta che fossi tornato in Tanzania, sapevo che dovevo andare a salutare i miei genitori africani.

 

Roberto Kijaji